Strano, ma vero: anche in Italia, vi è chi reputa che Putin sia nel giusto. Il punto fatto dallo scrittore e giornalista Marco Baroni Presidente dell’UGEI, Unione Giornalisti Europei Indipendenti, associazione punto di riferimento di chi fa informazione nell’UE.
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Il comportamento umano e il suo modo di pensare. Tutto ciò fa parte di un grande mistero di cui, ogni giorno, specialisti e via dicendo tentano di capirne i meccanismi. A tal proposito, è davvero curioso che vi siano persone che, di fronte alle stragi perpetrate dai soldati russi inviati da Putin in Ucraina, vi sia chi, senza alcuna sostanziale motivazione, reputi che siano atteggiamenti da non condannare, dato che, sempre per queste pie persone, sarebbero le medesime azioni compiute dagli Americani in altre zone del mondo.
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Ora, se non mi sbaglio, la questione non è stabilire se gli americani siano buoni o cattivi, dato che, adesso come adesso, la cronaca è incentrata sulla guerra in Ucraina. In altre parole, non è argomento in discussione lo stabilire o meno cosa possano avere o non aver fatto gli americani.
Non per nulla, per fare, un seppur ardito paragone, è come se un genitore che sta facendo una ramanzina ad un figlio, questo, per giustificare la sua azione, sostenesse che se fosse stato suo fratello o sua sorella a farlo, la cosa non sarebbe stata oggetto di alcun rimprovero.
In pratica, appare davvero strano che, il non voler condannare quanto stanno compiendo i soldati mandati da Putin in guerra contro l’Ucraina, deve essere collegato al perché non è stato fatto con gli americani!
Tutto ciò, per dirla con parole gentili, è una vera e propria idiozia che rasenta il comportamento infantile. Non per nulla, secondo questa paradossale idea, chiunque fosse colpevole di un qualsiasi reato non dovrebbe essere condannato dato che vi sono alcuni che la fanno franca!
In sintesi, quanto sta compiendo Putin con la guerra in Ucraina è da condannare e, questo, a prescindere da cosa hanno fatto oppure fanno o faranno gli americani.
Ma, la cosa ancora più stupefacente, è chi critica gli eventuali comportamenti degli americani, sono, in gran parte, gli stessi, o i figli o i pronipoti, che hanno osannato gli americani nella seconda guerra mondiale come liberatori.
Ora che il comportamento umano e il suo modo di pensare sia oggetto di studio, è quanto mai chiaro. Pur tuttavia, alle volte sarebbe meglio, come ricorda un popolare detto, mettere pace nel proprio cervello. Un caldo invito che viene inviato a tutti quegli individui che sono soliti giustificare i comportamenti di Putin e che, in pratica, considerano giusta la sua guerra contro l’Ucraina.
Difatti, non può reputarsi come una giustificazione il fatto di non condannare la guerra in Ucraina, solamente perché, secondo queste persone, gli Americani non sono stati “condannati”. Tra parentesi, mi pare che gli Stati Uniti non abbiano mai compiuto azioni di guerra così deliberatamente aggressive e senza alcuna precedente approvazione internazionale. Se, poi, si vuole fare pure demagogia, allora è meglio lasciar perdere.
Poi a tutti coloro che, a quanto pare, etichettano gli Stati Uniti come cattivi e, sempre, da condannare, viene fortemente suggerito un più approfondito studio della storia, nonché della geografia. Un esercizio utile tanto per accrescere una personale conoscenza quanto, soprattutto, per evitare di parlare a sproposito, magari seguendo logori e stantii slogan.
Gli americani, in estrema sintesi, non sono né buoni né cattivi. Infatti, molto più semplicemente, sono americani e, di conseguenza, considerano il mondo come un luogo ove debbono far sentire la propria voce. Questo, d’altra parte, lo hanno conquistato, che piaccia o no, proprio sul campo.
Basta, infatti, compiere un viaggio in Normandia, in Italia e via dicendo, per scoprire i numerosi cimiteri di guerra ove, giovani americani provenienti da ogni luogo, sono morti in località di cui non conoscevano neppure la loro esistenza.
Gli Americani, anche se si tende fin troppo facilmente a dimenticarlo, dopo una lunga diatriba interna tra chi voleva un intervento e chi, invece, sosteneva che fosse meglio non entrare nel secondo conflitto mondiale, erano di molto esposti economicamente nei confronti dell’Unione Sovietica, Regno Unito e via dicendo.
Se, poi, per caso, vi fosse qualcuno che reputi tutto ciò una baggianata, suggerisco di andare a vedere cosa fosse e cosa prevedeva la Lend-Lease Act, ovvero la legge degli affitti e prestiti. In sintesi, si tratta di una misura legislativa, con la quale gli Stati Uniti poterono andare a fornire a Unione Sovietica, Cina, Francia, Regno Unito, così come agli altri Paesi alleati, una grandissima quantità di materiali bellici senza, però, esigere un immediato pagamento. In poche parole, tra il 1941 e il 1945, questi Paesi firmarono una sorta di “pagherò”.
Quindi, è ovvio che, vista la piega che il secondo conflitto mondiale stava prendendo, ha fatto sì che gli Stati Uniti, preoccupati di non poter più esigere il pagamento, decidessero di entrare direttamente nel conflitto. In pratica, sono venuti a combattere e a morire per salvaguardare i propri interessi.
L’italica abitudine di dimenticare quel che non fa comodo, è un qualcosa che è stato installato ad arte. D’altronde, un tempo, per dirimere le controversie tra le varie signorie locali, il più delle volte, ci si rivolgeva al re di Francia e al re di Spagna. Questi, ovviamente, una volta sbrigata la faccenduola per la quale erano discesi in Italia, dettavano legge. In fondo è come se, per risolvere una questione da pollaio, si andasse a chiamare una faina e una volpe!
Il come si muovono o meno gli Stati Uniti, quindi, è sempre secondo la loro logica. L’Europa, d’altra parte, ha stabilito il proprio futuro destino non, come si pensa il 1° settembre del 1939, ma, bensì il 28 giugno del 1919, ovvero quando venne ad essere firmato il trattato di Versailles, ossia il trattato di pace che, ufficialmente, pose termine alla prima guerra mondiale.
Andando a concludere, è da ricordare come, John Maynard Keynes, ossia il padre della macroeconomia e tra più influenti tra gli economisti del XX secolo, nel suo saggio intitolato: “The Economic Consequences of the Peace”, annotò, con molta arguzia, come questo trattato, dato il forte atteggiamento sanzionatorio e punitivo nei confronti della Germania, ovvero che quanto esso riportava non favoriva alcun piano di una futura sua ripresa economica, fosse, in realtà, non un mezzo per una pace duratura ma, piuttosto, un viatico verso instabilità e nuovi conflitti.
Giornalista Marco Baroni
Presidente UGEI
Unione Giornalisti Europei Indipendenti