Sicuramente, ai più il gasdotto ucraino di Uzhgorod dice poco o niente. Eppure il suo controllo è di fondamentale importanza per l’Europa. Vediamo di capire le ragioni e le motivazioni della sua importanza e perché gli USA ne chiedono il controllo.

Il gasdotto di Uzhgorod: un’arteria nascosta che pulsa per l’Europa

Se vi dicessi “gasdotto di Uzhgorod”, probabilmente molti di voi alzerebbero un sopracciglio, chiedendosi di cosa si tratti. Non è una star di Hollywood, né un trending topic sui social. Eppure, questo nome oscuro rappresenta una delle chiavi di volta per l’energia europea, un’infrastruttura che, silenziosamente, ha influenzato equilibri geopolitici e giochi di potere per decenni. Ma perché è così importante? E perché gli Stati Uniti stanno spingendo per averne il controllo? Preparatevi: stiamo per immergerci in una storia che intreccia energia, strategia e interessi globali.

Un’eredità sovietica al centro dell’Europa

Il gasdotto di Uzhgorod, parte della rete Urengoy-Pomary-Uzhgorod, non è un’invenzione recente. Nato negli anni ’80, in piena Guerra Fredda, era il fiore all’occhiello dell’ingegneria sovietica. Progettato per trasportare il gas naturale dai ricchi giacimenti siberiani fino al cuore dell’Europa, attraversa l’Ucraina, con Uzhgorod – una città al confine con la Slovacchia – come snodo cruciale. Per anni, ha pompato miliardi di metri cubi di gas verso Paesi come Slovacchia, Ungheria, Austria e, indirettamente, Italia, garantendo calore alle case e carburante alle industrie.

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Non solo tubi e valvole

Ma non è solo una questione di tubi e valvole. Questo gasdotto è un’arteria geopolitica. Fino a poco tempo fa, circa il 5% del gas europeo passava da qui, e anche se oggi la dipendenza dal gas russo si è ridotta (dall’40% pre-guerra all’8% attuale), Uzhgorod rimane un punto nevralgico. Chi lo controlla, decide non solo il flusso del gas, ma anche il peso politico di nazioni intere. E in un’Europa che cerca di emanciparsi dai combustibili fossili russi entro il 2027, come previsto dal piano REPowerEU, ogni metro di quel tubo conta.

Perché l’Europa non può ignorare questo gasdotto

Immaginate un rubinetto che, se chiuso, potrebbe lasciare al freddo milioni di persone o far schizzare i prezzi dell’energia alle stelle. Ecco perché Uzhgorod è importante. Fino al 1° gennaio 2025, quando l’Ucraina ha interrotto il transito del gas russo per la scadenza del contratto con Gazprom, questo gasdotto riforniva ancora Slovacchia, Ungheria e Austria. Nel 2023, Bratislava riceveva 6,5 miliardi di metri cubi, Vienna 6 miliardi, Budapest circa un miliardo. Anche l’Italia, attraverso Tarvisio, ne beneficiava marginalmente. Quando il flusso si è fermato, i prezzi del gas in Europa sono tornati ai livelli della crisi dell’ottobre 2023, con il TTF olandese che ha sfiorato i 51 euro per megawattora. Un promemoria di quanto Uzhgorod possa ancora scuotere il mercato.

Arma strategica

Ma non è solo una questione economica. Il gasdotto è un’arma strategica. Per l’Ucraina, gestirlo significava incassare commissioni (circa lo 0,5% del PIL) e mantenere un ruolo di hub energetico. Per la Russia, era una leva per influenzare l’Europa, specialmente quei Paesi come l’Ungheria, che continuano a guardare a Mosca con un occhio benevolo. E per l’Europa? È un delicato equilibrio tra sicurezza energetica e indipendenza politica.

L’ombra degli Stati Uniti

Ed eccoci al colpo di scena: perché gli Stati Uniti vogliono il controllo di questo gasdotto? La risposta non è semplice, ma affonda le radici in una partita a scacchi globale. Secondo recenti indiscrezioni, Washington avrebbe incluso il controllo del gasdotto di Uzhgorod in una proposta più ampia legata allo sfruttamento delle risorse ucraine, un pacchetto che include anche minerali strategici per un valore di 500 miliardi di dollari.?

Ma perché proprio questo gasdotto

Controllare questo gasdotto, significa avere voce in capitolo sulle dinamiche energetiche europee. Gli Stati Uniti, da anni critici verso la dipendenza dell’Europa dal gas russo (basti pensare alla loro opposizione al Nord Stream), vedono in Uzhgorod un’opportunità per consolidare la loro presenza in un’area strategica. Se Washington gestisse il gasdotto, potrebbe spingere per alternative al gas russo, come il GNL americano, che già sta guadagnando terreno in Europa. Ridurre ulteriormente l’influenza di Mosca è una priorità per gli USA. Con il gasdotto sotto controllo americano, Gazprom perderebbe un canale chiave per raggiungere l’Europa, con un danno economico stimato in 6,5 miliardi di dollari annui. Un duro colpo per un’economia russa già sotto pressione.

Minerali e potere

Il gasdotto è solo una parte del puzzle. Gli USA, come la Russia, puntano anche alle risorse del sottosuolo ucraino – litio, cobalto, terre rare – essenziali per batterie e tecnologie verdi. Uzhgorod potrebbe essere un “bonus” per assicurarsi un accordo più ampio, rafforzando la loro posizione in un’Europa sempre più affamata di materie prime.

Una partita ad alto rischio

Ma non è tutto rose e fiori. La mossa americana sta sollevando tensioni. L’Ucraina, che vede il gasdotto come una carta strategica, non è entusiasta di cederne il controllo. Paesi come la Slovacchia, già furiosi per lo stop del gas russo, temono rincari e instabilità. E poi c’è l’Europa, che si trova in una posizione scomoda: da un lato vuole diversificare le fonti energetiche, dall’altro non gradisce un’eccessiva ingerenza americana nelle sue infrastrutture.

Le ripercussioni

La chiusura del rubinetto a Uzhgorod, celebrata da Zelensky come una “sconfitta di Mosca”, ha già avuto ripercussioni. La Moldavia ha dichiarato lo stato di emergenza, la Transnistria rischia di rimanere senza energia, e i prezzi del gas sono un’incognita per l’inverno. Se gli Stati Uniti riuscissero a prendere le redini del gasdotto, potrebbero ridisegnare la mappa energetica europea. Ma a che costo? E chi pagherà il prezzo di questa transizione?

Conclusioni

Il gasdotto di Uzhgorod, per quanto poco conosciuto, è molto più di un tubo che attraversa l’Ucraina. È un simbolo di potere, una leva diplomatica, un nodo gordiano che intreccia gli interessi di Europa, Stati Uniti, Russia e Ucraina. Mentre l’Europa cerca di navigare verso un futuro senza gas russo, e gli Stati Uniti alzano la posta per consolidare la loro influenza, una cosa è certa: le decisioni prese su Uzhgorod avranno un’eco che andrà ben oltre i confini ucraini.

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